Intervista a Luigino Rinaldi

Informazioni aggiuntive

DATA EVENTO

18/08/2021

LUOGO

Sedegliano

Tipo di contenuto

Video

INTERVISTATORE

CHIARA GRILLO SIMONE VIT

Il giorno di Natale, capodanno e Pasqua dopo l’ultimo mottetto andavamo tutti in fila indiana a fare gli auguri al prete. Certi canti ormai tradizionali se mancavano non era nemmeno festa. In quei tempi non si usava applaudire, ma bastava la loro presenza e noi eravamo appagati. Finita la cantoria con la malattia dell’organista che era l’anima della cantoria. Finita in poco tempo. Poi ha continuato quel gruppo e guai se non ci fossero. Una celebrazione senza accompagnamento non ? solennit?. Le messe cantate duravano un’ora e mezza. Il prete della mia giovent? era lungo di suo. Belle prediche ma lunghe e si diceva la messe cul muset. Ogni tanto si toglieva la planete per essere pi? libero e noi pensavamo che si metteva male. Troppo lunghe stufavano. Della cantoria ho un bellissimo ricordo e quando ci si trovava era un rievocare le belle feste passate assieme. (di Gattesco riferisce Egilio) Accennano un canto Viva l’Italia, qualche canto aveva anche un testo non sense ma interessava l’armonia, solo per il gusto di cantare, si poteva fare a tre voci senza tante preparazioni. Accennano canto La bella Italia. Parla Pietro senza microfono: si imparava dagli ottantenni. Io mi sono sentito coccolato, ma noi ubbidivavamo, non era sudizione ma ci veniva spontaneo. Zappetti insegnava prima una voce e poi l’altra e dovevamo tacere, ma non era faticoso per noi. Interviene Pietro senza microfono: non servivano tante regole, bastava il buon senso, oggi sono tutti protagonisti, parlare tanto e fare niente. Tornando alla cantoria penso che pochi cori oggi si impegnerebbero ad imparare la Messa Ducale. Oltre che impegnativa ci vogliono tante prove. A parte che oggi i giovani un po’ di musica la conoscono, la imparano a scuola. C’era un signore di Sedegliano appassionato di musica che era un po’ strano, ma quel poco che so l’ho imparato da lui. Ci voleva disciplina anche se a volte la buttavamo in ridere. Ci ha insegnato almeno. I giovani facevano solfeggio, gli altri imparavano ad orecchio. Io l’ho conosciuto come personaggio, ma non ci ho mai parlato. Una volta ? stato da un mio zio perch? era stato in Canada a trovare gli emigranti e c’ero l? anch?io ma ho solo ascoltato e non ho avuto il coraggio di parlare. Una persona che incuteva rispetto, per il modo di prentarsi, a me piaceva. Anche a Coderno quando ha fatto gli ultimi ? stato aiutato e una scena ? stata fatta in una chiesa di Sedegliano, lo sposalizio nella chiesa della madonna. Con il Castelliere abbiamo registrato i salmi. Col Castelliere abbiamo imparato anche la messa di Faur? e abbiamo fatto 3 concerti anche con strumenti non organo ? soddisfazione grande. .